Franca Viola – Il diritto di dire “No!”

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Franca Viola è stata la prima donna italiana ad opporsi al matrimonio riparatore, divenendo così il simbolo dell’emancipazione femminile del nostro paese.

 

La storia

Franca Viola è nata il 9 gennaio 1948 da una coppia di contadini di Alcamo, in Sicilia. All’età di quindici anni fu promessa in sposa a Filippo Melodia, un giovane appartenente ad una famiglia benestante legata alla mafia locale. Erano gli anni Sessanta, e questo genere di fidanzamenti intesi più che altro come accordi tra famiglie, costituivano la normalità.

 

Presto accadde, però, che il futuro marito della ragazza commise alcuni gravi reati, e Bernardo Viola (padre di Franca) si pentì del patto, decidendo di rompere il fidanzamento. Questo gesto, visto come un grave disonore nell’Italia dell’epoca, scatenò una violenta reazione nella famiglia del fidanzato, e i Viola si ritrovarono oggetto di minacce e intimidazioni. La loro proprietà venne distrutta, il casolare e il vigneto furono bruciati e il capofamiglia venne spaventato con una pistola.

 

Il signor Viola resistette con dignità agli attacchi, e affermò più volte di non voler tornare sui suoi passi: sua figlia non avrebbe sposato un criminale, meritava un uomo per bene.

 

Il rapimento e lo stupro

 

Melodia non si arrese e, il 26 dicembre 1965, rapì la donna e il fratellino Mariano di appena 8 anni. Non agì da solo: in casa entrarono in 12, distrussero tutto ciò che incontrarono sul loro cammino e aggredirono anche la signora Viola, mamma di Franca. Mariano fu rilasciato quasi subito, perché l’obiettivo della banda criminale non era ovviamente lui.

 

Il progetto di Filippo Melodia era invece quello di “compromettere” la virtù della fidanzata per poterla sposare con la forza attraverso il cosiddetto “matrimonio riparatore”. Dopo giorni di vessazioni, Filippo abusò di lei e, tenendola ancora segregata, si affrettò a preparare le nozze. Tuttavia, grazie alla denuncia dei genitori di Franca, la polizia irruppe nell’abitazione in cui era tenuta prigioniera e la salvò.

 

È necessario ricordare, infatti, che il codice penale dell’epoca, all’articolo 554 recitava:

 

“Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530 (con riferimento allo stupro), il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi del reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.”

 

La violenza sessuale veniva considerata un delitto contro il buon costume e la pubblica morale e l’onta poteva essere lavata solo con il matrimonio. Sì, avete capito bene: la vittima era considerata quasi partecipe del reato ed era costretta a sposare il suo stesso carnefice per riacquistare la dignità. Da brividi.

 

La giovane, appoggiata pienamente dalla sua famiglia, rifiutò con forza di fare ciò e andò a processo. Filippo Melodia e sette dei suoi complici furono condannati al carcere, ma il caso risvegliò gli italiani dal torpore, sollevando diverse polemiche.

La vittima affermò:

 

“Io non sono proprietà di nessuno, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce.”

 

Grazie al suo fermo rifiuto, vi furono numerose inchieste parlamentari e altre donne trovarono il coraggio di seguire la stessa strada, dando vita a un movimento politico e sociale che portò all’abrogazione di quella scandalosa legge il 5 agosto 1981.

 

Nel 2014, Franca Viola è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine del Merito della Repubblica da Napolitano. In quell’occasione, disse:

 

Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi donna: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.”

 

Affermando così, definitivamente, una verità assoluta: le donne non sono proprietà di nessuno e possono fare quello che vogliono. 


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