Il Teatro Olimpico di Vicenza, l'ultimo capolavoro del Palladio

Il Teatro Olimpico di Vicenza, l’ultimo capolavoro del Palladio

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Fonte foto: Philip Brown, www.khanacademy.org

«V’è davvero alcunché di divino nei suoi progetti, né meno della forza del grande poeta, che dalla verità e dalla finzione trae una terza realtà, affascinante nella sua fittizia esistenza»

Goethe sulle opere di Andrea Palladio, “Viaggio in Italia” (1816-1817)


Custodito alla fine del corso omonimo al suo ideatore, corso Palladio, che percorre e divide il centro storico vicentino, rintanato all’interno di una piccola corte di epoca medievale, si cela da quasi cinque secoli il maestoso Teatro Olimpico di Vicenza, perla architettonica incastonata tra le mura della piccola provincia veneta.

Sembra incredibile che dietro quell’ingresso, in una posizione così discreta, possa nascondersi un’opera tanto grandiosa ed elogiata, meta dei personaggi storici più illustri, oggetto di studio e d’ammirazione nei più autorevoli corsi d’architettura in tutto il mondo. E che vanta un prestigioso primato internazionale: il Teatro Olimpico di Vicenza è in assoluto il primo e il più antico teatro stabile coperto dell’epoca moderna, incluso nel 1994 nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.

Commissionato ad Andrea Palladio attorno al 1579 dall’Accademia Olimpica di Vicenza, un’antica istituzione culturale, la costruzione del Teatro prese il via nel 1580 e fu l’ultimo dei capolavori dell’acclamato architetto, il quale morì l’anno stesso, a 72 anni, in circostanze mai conosciute.

Ma chi era Andrea Palladio?

Il nome con cui è conosciuto è in realtà lo pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola, nato a Padova, nell’allora Repubblica di Venezia, il 30 Novembre 1508. Andrea crebbe come scalpellino e fu l’incontro con il nobile e studioso Gian Giorgio Trissino dal Vello d’Oro, tra il 1535 e il 1538, a cambiare il corso della sua vita: fu proprio il conoscitore vicentino ad introdurlo e guidarlo nella sua formazione tecnica e culturale, e fu sempre lui a conferirgli il soprannome di “Palladio”, appellativo su cui si dipanano le più svariate teorie. “Palladio” era il nome di uno degli angeli presenti nel poema epico “L’Italia liberata dai Goti”, scritto da Gian Giorgio stesso nel 1527, ma non è ben chiara l’origine del termine. Alcuni studiosi sostengono che sia un riferimento a Pallade, figura della mitologia greca legata solitamente alla saggezza e associabile sia ad Atena che ad una serie di altri personaggi; altri ancora, come Paolo Portoghesi nel suo libro “La mano del Palladio” (2008), ipotizzano che possa avere una provenienza numerologica legata al nome di Vitruvio (ca. 80-15 a.C.), un architetto dell’antica Roma considerato il più grande teorico della materia di tutti i tempi.

Nel corso della sua vita Palladio progettò più di 80 opere, tra cui le celebri Villa Almerico-Capra “La Rotonda”, la Basilica Palladiana e Palazzo Chiericati, e il suo trattato in quattro tomi intitolato “I quattri libri dell’architettura” rimane ad oggi uno dei più importanti testi illustrati di questa disciplina. La sua arte è stata fonte di ispirazione e di studio fino a giorni nostri ed è riuscita a superare qualsiasi confine: persino molti degli edifici costruiti all’epoca della fondazione degli Stati Uniti d’America furono progettati in stile neopalladiano, come addirittura la Casa Bianca e il Campidoglio (Washington D.C.), l’Università della Virginia e la Marble House di Newport (Rhode Island).

Una mente geniale e lungimirante, che già al suo tempo percepiva l’eterno conflitto tra civiltà e natura; un rapporto che, secondo le sue parole, andrebbe risolto “affermando il profondo senso naturale della civiltà, sostenendo che la suprema civiltà consiste nel raggiungere il perfetto accordo con la natura senza perciò rinunciare a quella coscienza della storia che è la sostanza stessa della civiltà“. Un grande artista che ancora oggi, dopo cinque secoli, è in grado di insegnarci e trasmetterci qualcosa.

Andrea Palladio morì a 72 anni per cause sconosciute, in una data ignota del 1580 e in una situazione economica alquanto umile. È oggi sepolto nel Cimitero Maggiore di Vicenza.

Il teatro Olimpico di Vicenza

La struttura che ospita il teatro è in realtà ben più antica: apparteneva ad una passata fortezza medievale, riadattata negli anni come polveriera, poi come prigione e infine abbandonata. La realizzazione del Teatro Olimpico era parte del programma di promozione culturale ideato dall’Accademia Olimpica e la vecchia fortezza era il luogo adatto dove costruire uno spazio scenico stabile, un punto di riferimento per la città.

Il progetto di Andrea Palladio si ispirava agli antichi teatri romani, da lui studiati con grande accuratezza, e presenta difatti un’ampia cavea ellittica, ossia le gradinate, abbracciata da un colonnato trabeato e da eleganti statue, poste di fronte ad una meravigliosa scaenae frons ulteriormente decorata. Impossibile, poi, non rimanere incantati dinanzi alla vista dello splendido soffitto dipinto. Fu tuttavia Silla, figlio dello scomparso Palladio, a seguire i lavori di costruzione dell’edificio, basandosi sul progetto e sugli appunti lasciati dal padre. La realizzazione della loggia corinzia, della cavea e del proscenio vennero completati nel 1584, ma il problema principale riguardava la creazione della famosa “scena a prospettiva”, un’area che l’Accademia aveva predisposto fin dall’inizio, ma che Andrea Palladio non aveva ancora concluso.

Venne dunque ingaggiato Vincenzo Scamozzi, altro acclamato architetto vicentino, per completare ed implementare il progetto di Palladio; e fu così che venne alla luce l’ulteriore meraviglia del Teatro Olimpico di Vicenza, molto probabilmente la più nota: l’illusione scenografica. Dalla grande scena vennero realizzate cinque aperture e sette strade con strutture lignee in prospettiva accelerata, ossia con soffitto, pareti e pavimento fortemente convergenti, in modo tale da simulare una grande profondità. Non solo: i vicoli furono disposti in modo radiale, affinché tutti gli spettatori potessero vederne almeno uno, qualsiasi fosse il punto della cavea in cui essi si trovavano.

In realtà, le sette strade rappresentavano le vie di Tebe e l’intera struttura prospettica stessa, realizzata in legno e stucco temporaneo, era stata creata solamente per lo spettacolo inaugurale del 1585, ovvero “Edipo Re” di Sofocle. Tuttavia, il progetto fu così ben realizzato che finì per rimanere intoccato per quasi cinquecento anni.

Visite illustri

L’evento d’inaugurazione del teatro ebbe luogo il 3 Marzo 1585 e da lì la sua fama iniziò a spargersi per tutta Italia. L’edificio fu sede di spettacoli, feste, tornei e cerimonie, e fu meta di importanti personaggi storici, come Napoleone, Goethe, Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi. E persino di una delegazione giapponese.

Coloro che hanno avuto modo di avvicinarsi alla storia del Sol Levante conosceranno senza dubbio la figura di Oda Nobunaga (1534-1582), signore feudale considerato uno dei personaggi più influenti nella storia nipponica e uno dei tre unificatori del paese. All’epoca, il Giappone era interessato dalle sempre più frequenti visite di missionari cristiani occidentali; Nobunaga li accolse tuttavia con favore e, in segno di pace, affidò al gesuita Alessandro Valignano la missione di viaggiare fino a Roma per consegnare al Papa un paravento raffigurante il castello di Azuchi, fortezza e residenza del lord giapponese. Al ritorno dalla città capitolina, accompagnato da quattro ambasciatori giapponesi, Valignano fece tappa in diverse città italiane, tra cui Vicenza nel 1585. In ricordo di questo evento fu realizzato nel 1596 un affresco monocromo che ritrae l’incontro con la delegazione giapponese, avvenuta tra le mura del Teatro Olimpico. L’episodio è stato inoltre ricordato nel 2016 con l’esibizione di compagnie teatrali nipponiche, in occasione del 150mo anniversario delle relazioni tra Italia e Giappone.

Oggi il Teatro Olimpico è ancora luogo di concerti ed esibizioni, un capolavoro secolare il cui cuore non ha mai smesso di battere e che con la sua storia, con la sua luce, ancora illumina la vita della piccola città veneta; la piccola città dai duemila anni di storia, la piccola città dai grandi tesori.


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