Il San Carlo: il teatro lirico di Napoli

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«Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita. Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea.»

(Stendhal)

Il teatro San Carlo fu costruito da Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale per una capienza da 3.000 posti. Fu inaugurato il 4 novembre 1737, proprio in occasione del giorno dell’onomastico del re. L’opera che per prima in assoluto andò in scena fu l’Achille in Sciro di Domenico Sarro e il libretto del grande Pietro Metastasio. I lavori ultimati in circa otto mesi a un costo complessivo di 75 mila ducati, videro la realizzazione di una sala lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri con 184 palchi disposti in sei ordini, più un palco reale capace di ospitare dieci persone, per una capienza complessiva all’epoca di 1379 posti. Su questo modello furono costruiti i successivi teatri d’Italia e d’Europa, tra gli altri, il teatro di corte della Reggia di Caserta, che diventerà il modello di altri teatri italiani come il Teatro alla Scala di Milano.

Affreschi e simboli

Sollevando lo sguardo al soffitto si può ammirare l’affresco di soggetto mitologico che raffigura Apollo, che presenta alla dea Minerva i più grandi poeti greci, latini ed italiani. Sull’arcoscenio campeggia lo stemma del Regno delle Due Sicilie con al centro lo scudetto della Casa Borbone (3 gigli d’argento su fondo azzurro) e tutto intorno i 21 simboli araldici delle Case imparentate con quella regnante. Gli specchi: non solo oggetti di arredamento. Ogni palco presenta al suo interno uno specchio nella parete laterale rivolto verso il palco reale. Ciascuno spettatore, prima di applaudire o di richiedere un bis, doveva attendere che lo facesse il re. Sarebbe stata una scortesia esprimere la propria approvazione o il proprio dissenso prima che lo avesse fatto il sovrano. Nella notte del 13 febbraio del 1816 un incendio devasta l’edificio del Massimo napoletano.

Rimangono intatti soltanto i muri perimetrali e il corpo aggiunto. La ricostruzione, compiuta nell’arco di nove mesi, è sempre diretta da Antonio Niccolini, che ripropone a grandi linee la sala del 1812. L’architetto toscano ne conserva, infatti, l’impianto a ferro di cavallo e la configurazione del boccascena, sebbene allargato e ornato nella superficie interna dal bassorilievo raffigurante “Il Tempo e le Ore”, ancor oggi esistente. Nel 1961 il teatro divenne un vero e proprio set cinematografico per ospitare le riprese del film di Vittorio De Sica. Il giudizio universale. Nella sala principale, dopo aver smontato tutte le poltrone della platea, venne ambientato l’elegante gran ballo finale.

Jean-Jacques Rousseau, nel suo Dictionnaire de Musique descrive così il San Carlo: “Vuoi tu sapere se qualche scintilla brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi”.


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