Preistoria: sono pugliesi i cani più antichi del mediterraneo

Condividi su

(Foto: Grotta Paglicci – Università di Siena)

 

Si dice che il cane è il migliore amico dell’uomo; ma era forse così anche nella preistoria?

 

È ciò su cui sta ora indagando l’Unità di Ricerca di Preistoria e Antropologia, parte del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena, dopo aver rinvenuto resti di canidi risalenti a oltre 14 mila anni fa all’interno dei siti paleolitici di Grotta Paglicci a Rignano Garganico (Fg) e Grotta Romanelli a Castro (Le).

 

L’incredibile scoperta, pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, ha fatto scalpore proprio per il luogo dove è avvenuta. Fino ad oggi sono vari i resti di cani riesumati in Europa, di cui il più antico risalente a circa 16 milla anni fa; ma questi provenivano da zone nel contesto dell’Europa Centrale e Occidentale, e non da zone mediterranee. Il ritrovamento dell’Università di Siena è dunque il più antico mai rinvenuto nell’area. Come chiarisce difatti Francesco Boschin, archeozoologo dell’Università di Siena e coordinatore dello studio, “I resti pugliesi rappresentano, a oggi, gli individui più antichi scoperti nell’area mediterranea, ma potrebbero rappresentare anche le prime testimonianze in assoluto del processo che ha portato alla comparsa del cane, il primo animale domestico”.

 

La ricerca, dunque, prosegue ora con lo studio di una probabile relazione domestica del cane nelle comunità paleolitiche. I dati genetici di alcuni resti dissotterati nella Grotta Paglicci sono difatti risultati somiglianti ad un individuo canide proveniente dal sito di Bonn-Oberkassel in Germania: si suppone quindi che i due animali possano discendere da un’antica popolazione comune, diffusasi poi in varie parti d’Europa. Questo potrebbe voler dire che già allora il cane rappresentasse un importante elemento di contatto tra le comunità di cacciatori e raccoglitori, nonostante le molteplici differenze culturali.

 

Uno studio affascinante, se si pensa che la domesticazione del cane viene solitamente attribuita all’ultimo massimo glaciale, ovvero a circa 20 mila anni fa; un periodo di forte crisi ambientale in cui molte popolazioni europee umane e animali cercarono rifugio in altre regioni, come le penisole dell’Europa meridionale (Italia peninsulare, Iberia, Balcani), l’area franco-cantabrica e il bacino dei Carpazi. Entrando più nel dettaglio, il professor Boschin spiega che “In questo periodo di forte crisi, il lupo, un predatore sociale per certi versi affine all’uomo, potrebbe aver individuato un nuovo modo per garantirsi la sopravvivenza: adattarsi a sfruttare gli avanzi delle prede dei cacciatori-raccoglitori paleolitici, frequentandone le periferie degli accampamenti. Ciò avrebbe favorito il contatto sempre più stretto tra uomini e lupi e tra questi ultimi la sopravvivenza degli individui meno aggressivi. La selezione di animali sempre più docili avrebbe poi innescato il processo di domesticazione e la comparsa dei primi cani”.

 

 

Immagine dei 15 resti rinvenuti nei siti di Grotta Paglicci e Grotta Romanelli. (Fonte: Università di Siena)

 

La ricerca è stata eseguita dall’Università di Siena in collaborazione con l’Università di Firenze, il Centro Fermi di Roma, l’International Centre for Theoretical Physics di Trieste, l’Università di Bordeaux, il Museo nazionale preistorico etnografico “Luigi Pigorini” di Roma, l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana “Aleandri”, l’Istituto nazionale di Fisica nucleare – sezione di Firenze, il Musée de l’Homme di Parigi, Elettra Sincrotrone di Trieste e la Soprintendenza archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia.

 

Non è ancora possibile dire con certezza se la Puglia possa essere davvero stata un centro di domesticazione, ma si spera  naturalmente in ulteriori scoperte nel corso delle prossime ricerche.


Condividi su