La “194”: la legge per interrompere la gravidanza

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Fino a prima dell’entrata in vigore della legge 194/1978, la pratica dell’aborto avveniva solo clandestinamente sia attraverso pratiche fai da te, che con l’aiuto di medici competenti.

Questa pratica era considerata un  reato dal codice penale italiano con la pena di reclusione da 2 a 5 anni, sia per l’esecutore dell’aborto che per la donna stessa. A far cambiare la legislazione in merito dell’interruzione volontaria di gravidanza fu l’elevato numero di morti causate da gravi complicazioni che subentravano con gli aborti clandestini. Questo fattore non poteva essere ignorato e contribuì fortemente nelle lotte di molti movimenti femministi, che spesso manifestavano nelle piazze a gran voce reclamando  il diritto di scelta, il diritto di poter usufruire di una procedura medica in totale sicurezza.

Attualmente..

Oggi in Italia, dopo la legge 194 del 1978 la donna può “liberamente” scegliere di interrompere la gravidanza entro i primi tre mesi di gestazione o entro il 5 mese se il feto manifesta una patologia incompatibile con la vita, in questo caso si parla di aborto terapeutico. Tuttavia l’iter da intraprendere appare spesso ostico, quasi a voler ostacolare la donna nel suo percorso di scelta. La maggior parte si accorge e scopre di essere incinta tra l’8 e la 10 settimana di gravidanza, questo significa che le restano a disposizione circa 2/3 settimane per poter effettuare un ivg. Il primo ostacolo lo si può incontrare con il medico  ginecologo, che se è obietore di coscienza indirizerà la donna verso altri medici. Una volta trovato il medico “giusto” si oterrà il certificato che attesta l’efettiva gravidanza in atto e l’ intenzione di avvalersi della legge 194 per l’interruzione volontaria di gravidanza che andrà presentato presso l’ospedale individuato per l’ivg. La legge , però, prevede che in caso di assenza di motivi che mettono in pericolo la salute della donna c’è da rispettare un ulteriore attesa di 7 giorni da utilizzare come periodo di riflessione/ripensamento. Di paripasso si può scegliere di rivolgersi ad un consultorio familiare per attivare lo stesso iter, e si occuperà di prenotare l’ospedale dove esguire l’ivg ma non senza attese.

La solitudine della scelta

Da quando la donna scopre di essere incinta e prende la decisione di voler interrompere la gravidanza è sola, nella maggior parte dei casi non si sente libera di confidare quanto sta vivendo nemmeno in famiglia per un senso di vergogna e inadeguatezza, sopratutto se proviene da una famiglia di stampo cattolico. Questo complica ulteriormente le cose e il senso di colpa attanaglia il suo animo portandola a chiudersi in se stessa ,  è figlia di una società che  la vuole succube di quanto le accade sempre e comunque, la vuole nelle vesti di madre perchè è l’unico vero ruolo che le riconosce come legittimo, senza voler tener conto delle circostanze in cui si trova ne se può effettivamente essere in grado di occuparsi di un bambino.

Sembrano temi lontani questi, ma purtroppo sono attuali più che mai, la nostra società è cresciuta e si è evoluta nell’apparenza ma in realtà è radicata in vecchi e retrogadi stereotipi che sono duri a morire. L’unico vero supporto che trova spesso nei consultori è quello di una psicologa che cerca di proporle soluzioni alternative alla scelta di abortire, quindi ancora una volta una potenziale vita che nemmeno aveva programmato di avere è più importante della vita della donna stessa, una vita tangibile reale, presente e concreta.

Testimonianze dal web

“Per ironia della sorte il 2 novembre ho firmato il certificato che attesta la mia gravidanza e che intendo avvalermi della 194/1978 per l’interruzione volontaria di gravidanza, la legge prevede che io attenda ancora altri 7 giorni, dovrei usarli per riflettere sulla scelta fatta, come se io questa scelta l’ho presa a cuor leggero, come se non sia già difficile sentire il mio corpo che cambia senza il mio consenso, senza che io lo voglia, vorrei congelare questo momento, tirare il freno a mano e fermare tutto ma la natura va avanti, non sente ragioni, non sa di me che non posso e non voglio portare avanti la gravidanza, non sa del mio dolore per questa scelta e non sa della mia sofferenza al sol pensiero di non avere scelta, ringrazio che esista questa possibilità e maledico di essere rimasta incinta nonostante le precauzioni, questa inutile attesa mi condanna ad un dolore sordo, profondo e inascoltato, non lo posso raccontare perchè io ho scelto e se scegli non soffri, ma che ne sanno gli altri del mio tormento , che ne sanno delle cicatrici che mi porto dentro, sto vivendo un incubo al quale non posso dar voce senza venir giudicata, in ospedale non ho diritto ad un letto in reparto perchè non c’è un reparto per chi abortisce, è vero che si tratta di una procedura medica veloce ma talvolta insorgono complicazioni e allora si finisce di fianco alle partorienti come poi è capitato a me, ho subito due raschiamenti consecutivi perchè il mio utero accumulava troppo sangue e non lo smaltiva, era pericoloso lasciarmi tornare a casa, quindi la mia tortura fisica si è ripetuta fra le lacrime che scendevano senza controllo. Qualcuno in sala operatoria ha provato a dirmi che potevo interrompere tutto, ma loro non sanno che non posso e piango perchè anche se ho scelto, soffro e ringrazio di aver avuto la libertà di scegliere, ma è triste non avere nè comprensione, nè un supporto emotivo, qualcuno che ti accompagni e ti aiuti ad elaborare la perdita di ciò che hai dovuto lasciar andare”.

“.. Sfatiamo un falso mito, non tutte le donne che abortiscono hanno avuto rapporti non protetti, anzi, molte di loro sono rimaste incinte per una falla del sistema contraccettivo che ha utilizzato, per una serie di sfortunati eventi”.

“…Nessuno tocchi la 194, perchè tutte le donne abbiano la possibilità di scegliere, perchè tutte coloro che si trovano in difficoltà possano usufruirne. Abortire non è una soluzione ma una scelta che si rende necessaria”.

Riflessioni

Tante donne trovano rifugio in gruppi di supporto online, perchè si sentono comprese e non giudicate  solo da altre “compagne” che condividono la stessa esperienza. Questo è il sintomo della pochezza sociale di cui tutti facciamo parte, ognuno di noi con la sua fetta di responsabilità.

Il 28 settembre si celebra la giornata mondiale per l’aborto libero e sicuro, una giornata per non dimenticare le battaglie che hanno portato a riconoscere come legittimo il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza in quanto procedura medica.


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