“Animals” dei Pink Floyd, un album drammaticamente attuale

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E’ il 1977. I Pink Floyd presentano “Animals”, l’album che rappresenta uno spartiacque tra la sonorità psichedelica e spaziale dei primi album ad una più lineare, più matura e riflettuta. Concepito quasi interamente dal bassista Roger Waters, l’album dallo stile orwelliano è una testimonianza, è un punto crudo sulla realtà non solamente inglese del 1976-77, ma sull’intero concetto di uomo come animale sociale.

 

Waters, come prima fece Orwell con la sua intramontabile opera “La fattoria degli animali”, pensa agli uomini come, appunto, animali, dividendoli in tre categorie: dogs, pigs, sheep.  

 

L’album si struttura sulla descrizione delle tre categorie con un brano in unplugged di poco più di un minuto che apre e chiude il disco. Si arriva alla descrizione della prima categoria col brano Dogs, i cani rappresentano gli arrampicatori sociali, i colletti bianchi ma anche i poliziotti corrotti e tutti coloro che sarebbero disposti a tutto, perfino disumanizzare il proprio essere, pur di arrivare al potere. Fanno di tutto per essere i favoriti dei maiali, Pigs, questo è il titolo del terzo brano del disco. I maiali sono coloro che detengono il potere politico ed economico, che promettono protezione e cure ma in realtà sfruttano, rubano e ingannano, ingrassano sulle spalle di tutti gli altri; sono la categoria più avvilente e misera.

 

Si arriva alla terza categoria, Sheep: pecore. Le pecore rappresentano i deboli, coloro che hanno bisogno di una guida per sentirsi in qualche modo al sicuro. La loro ignoranza le porta ad uno stato di semi-cecità sociale, quindi a non riuscire a mettere a fuoco la realtà: sono totalmente controllate, manipolate e sfruttate dai cani e dai maiali. Pur percependo la loro triste posizione, la accettano piuttosto che mettersi in pericolo trasgredendo alle regole.

 

Nella seconda parte del brano, infatti, le pecore finalmente riescono a ribellarsi ai cani, ma altre pecore le esortano a nascondersi, ristabilire l’ordine e seguire la prassi.

 

La descrizione allegorica di Waters rappresenta l’odierna drammatica situazione umana. Una drammaticità senza tempo, in cui si nasce vincitori o perdenti, carnefici o vittime e la scalata per arrivare al potere (o alla felicità) è pervasa da egoismi, inganni e lotte tra simili. Vuole dimostrare la triste realtà della paralisi umana: quale ruolo ricopriamo allora? quale sarebbe il nostro verso? belare, abbaiare o grugnire?

 

Non a caso la copertina dell’album ritrae un maiale che fluttua tra le due ciminiere della centrale termoelettrica Battersea Power Station, poco fuori da Londra. La fabbrica somiglia a un animale capovolto, impotente, in fin di vita o addirittura morto. Ecco come viene visto l’essere umano. Ciò che è sicuro è che quarantatré anni fa i Pink Floyd ci regalarono uno scenario catastrofico difficile da accettare, uno scenario senza tempo che ci lascia con un’amara domanda: “che tipo di animale sono allora?”.

 

Senza tempo però è anche l’augurio che ci fecero, la risposta alla nostra domanda: “stay human”.


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