130 anni di Michail Bulgakov e 54 anni de Il Maestro e Margherita

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Michail Bulgakov nasce il 15 maggio 1891 a Kiev, “ma conviene rilevare la prima stranezza di quella spaventosa serata di maggio”. In effetti, nella seconda delle sue autobiografie lo scrittore mette come data della propria nascita il 3 maggio. La prima parte della sua vita sembra già delineata come quella del figlio di un famiglia borghese fortemente conservatrice, pronto a diventare un prestigioso medico. È lui stesso a crederci, o almeno questo lasciano intendere le foto dove appare sempre impeccabile e felice. Quando scoppia la Prima guerra mondiale è ancora uno studente universitario, ma si arruola come volontario per prestare soccorso in prima linea. È qui che inizia a fare uso di morfina a scopo medico, e questa dipendenza durerà anche dopo il suo rientro il patria.

Nel 1916 si laurea in medicina. Nel 1918 si sposa, per la prima volta, e apre a Kiev un ambulatorio medico specializzato in malattie veneree. Si tratta di un periodo storico molto difficile per Kiev: nel momento in cui scoppia la guerra civile, la città si trova non solo a essere contesa, ma le due fazioni hanno anche un disperato bisogno di dottori. Bulgakov finisce così nuovamente al fronte, e proprio quando la guerra volta a favore del regime Michail non riesce a espatriare con la propria famiglia perché ricoverato in ospedale a causa del tifoArriviamo al 1921, la guerra civile è giunta al termine e Michail si trova solo nella neonata Unione Sovietica in un clima di macerie e miseria. È in questo preciso momento che si disfa del camice, parte per Mosca e intraprende la carriera di scrittore

Articolista, scrittore di romanzi e racconti ma soprattutto drammaturgo. Un nuovo scrittore in una nuova capitale, dove miseria e voglia di ripresa si alternano da un isolato all’altro e dove il fermento culturale viene alimentato anche dall’immigrazione. O almeno così sembra. Da questo momento in poi parlare di Michail Bulgakov significa parlare de Il Maestro e Margherita. Lui qui si racconta meglio che nelle due brevi biografie scritte di suo pugno. In questa opera viene raccontata la storia di un genio, un autore che scrive un romanzo sotto un regime che teme quello che può arrivare a dire un artista. Un regime che mette l’autore in cattiva luce per ridurlo alla miseria affinché smetta di scrivere ciò che pensa. In una città rivoluzionaria solo in apparenza, dove chi si distingue in modo brillante, in realtà è assolutamente aderente all’ideologia di un potere di controllo e giudicante. Dove la ridente facciata innovativa e di libertà spesso cade a causa dall’improvvisa sparizione di qualcuno. Ecco quindi che il “Maestro” del romanzo è la versione d’inchiostro di Bulgakov, che però non comparirà in modo attivo prima del tredicesimo capitolo.

Cerchiamo quindi di andare con ordine. Già dal primo capitolo la vita di Bulgakov si palesa subito al lettore. Infatti l’incontro dei due uomini (che rappresentano la Mosca dei letterati che contano) con Voland (il diavolo che non può più tollerare la mancanza di fede utilizzata come biglietto da visita di prestigio o come sintomo di intelligenza) avviene in un luogo ben definito, i Giardini degli stagni Patriarca, di fronte ai quali Bulgakov vive per moltissimi anni della sua vita. L’appartamento nel quale Voland si stabilisce, con il suo seguito infernale a partire dal terzo capitolo, è il numero 50, al civico 302 bis della ulica Bolšaja Sadovaja. L’appartamento numero 50 in in detta via, al numero 10, esiste davvero e si tratta proprio dell’appartamento nel quale viveva Bulgakov, e bis in ucraino significa “diavolo”. Così dal momento della pubblicazione del romanzo, avvenuta solo nel 1966, per svariati decenni nell’androne e per le scale che portano all’appartamento, gli appassionati sono andati a scrivere dediche e citazioni per onorare la memoria dello scrittore. A oggi non resta molto di questo “movimento spontaneo“, ma il suo manifestarsi ha portato alla trasformazione dell’appartamento da abitazione privata a museo-appartamento di Bulgakov

Non è un caso che Voland si manifesti da principio e che il romanzo venga definito da Bulgakov come il “mio romanzo sul diavolo. Voland, il diavolo, si presenta come un mago illusionista e artista di teatro, che finge di provare un sentimento di stupore misto a disagio quando i due uomini gli dicono di essere atei. Anche il fatto che la religione e la sensibilità religiosa sono il fulcro di questo romanzo è un dato biografico: Michail Bulgakov cresce immerso nella teologia; infatti non solo il padre dello scrittore ma entrambe le famiglie, materna e paterna, sono formate da ecclesiastici. Voland si scaglia contro un preciso mondo, quello del teatro. Perché? Perché Bulgakov vuole diventare un grande drammaturgo e cerca di raggiungere questo obiettivo per tutta la vita, e tenta di integrarsi con tutte le sue forze, ma i suoi drammi trattano temi legati all’impero antecedente alla guerra civile e questo non piace al regime. C’è per un breve periodo un solo uomo che decide di sostenere Bulgakov, e si tratta dell’uomo che nel romanzo ricopre il ruolo di Voland: Stalin vede la genialità dello scrittore e sposta la linea di giudizio dalla trama al modo in cui Bulgakov racconta i suoi i drammi.

Purtroppo si tratta di un breve periodo perché a partire dal 1929 tutti i suoi scritti vengono messi al bando dalla censura governativa. Bulgakov si trova proprio come il Maestro: disperato, senza sapere dove sbattere la testa, e accarezza l’idea del suicidio mentre getta alle fiamme il manoscritto iniziato l’anno precedente: Il Maestro e Margherita. Analogamente, il Maestro getta fra le fiamme il suo manoscritto su Ponzio Pilato. Entrambi trovano la loro forza in una figura femminile di nome Margherita sulla carta, mentre nella vita reale si tratta di Yelena Shilovskaya, la terza moglie di Bulgakov. Entrambe, grazie alla forza dell’amore, spingono il proprio compagno a rimettere le mani sul manoscritto dato alle fiamme. Entrambi gli scrittori riscrivono il proprio romanzo che sanno a memoria. Il regime non si accontenta e stronca ogni suo scritto, anche Batum, che racconta in chiave positiva i primi giorni della rivoluzione staliniana, e gli impedisce di lasciare l’Unione Sovietica. Bulgakov continua a rimaneggiare il testo anche sul letto di morte e si spegne, in condizioni di salute terribili, il 10 marzo 1940 prima di poter compiere 50 anni.

Margherita nel romanzo ha l’opportunità di salvare il Maestro, Yelena a suo modo salva Bulgakov. Quei giorni di stenti e di esilio che hanno come unico scopo debilitare nella mente e nel fisico non sortiscono l’effetto sperato dal regime, ovvero il suicidio, grazie all’amore di Yelena. Una piccola curiosità per chiudere: il primo stato a pubblicare Il Maestro e Margherita in versione integrale è stata l’Italia, ovviamente con Einaudi, nel 1967.


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