Dal cinematografo al digitale: una breve storia del cinema

Dal cinematografo al digitale: una breve storia del cinema

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Il cinema, tutti sanno, inizia con i fratelli Lumière. Quei brevi e famosissimi video in cui un treno si avvicinava allo spettatore che, impreparato, si spaventava, formavano una quarta parete da cui appariva una scenografia simile a una realtà che si scaraventava addosso seguendo binari. Forse una metafora della cinepresa, chissà.

La crescita del cinema

La crescita del cinema, detto anche settima arte, è stata rapida. Nel giro di pochi anni si era già esplorato tantissimo. Ma c’è anche da dire che questo non fu, come testimonia la loro stessa ammissione, merito solo dei fratelli Lumière. Infatti nello stesso periodo Filoteo Alberini aveva costruito il Kinetografo.

Ci volle poco perché partisse l’industria del Cinematografo. Un’arte che nasce come innovazione tecnologica (o forse l’arte stessa è sempre una storia tecnologica?). Studi sugli effetti speciali, con Meliès, esperimenti svolti direttamente sulle bobine da Man Ray, i primi colossal di Gabriele d’Annunzio. Ma personalmente quando penso agli albori del cinema, mi appare sempre il volto di quel vagabondo interpretato da Charlie Chaplin. Quelle rincorse, inciampi, inseguimenti, teste che si scontrano e momenti di autentica poesia, come nel Monello del 1921; oppure quell’operaio che a un certo punto decide, per essere efficiente al massimo, di seguire il flusso della macchina, muovendosi fra gli ingranaggi, in Tempi moderni del 1936, anno in cui l’umorismo iniziava ad essere un’unica via per rendere accettabili i tempi bui che venivano.

Ma a differenza di Hollywood, in Europa il cinema progrediva di pari passo con la riflessione sull’arte. Il cinema era avanguardia. Vi rientravano gli artisti del momento. Dalì che faceva la sua comparsata nel film di Bunuel, oppure il russo Ejzenstein, o l’espressionismo del Gabinetto del dottor Caligar del 1920.

Il passaggio dal muto al sonoro pare sia avvenuto nel 1927 con il film The jazz singer, trionfo supremo della Warner Bros. Poi nel 1939 arriva il picco dello sviluppo del Technicolor, con l’esempio del Mago di Oz. Ma solo nel secondo dopoguerra vediamo il cinema cambiare. Avvicinarsi a una narrazione davvero realistica, oltre il teatro. La scuola italiana, quella dei registi come De Sica, Rossellini, Visconti ,la scuola americana di Wilder, Wells, dei divi come Marlon Brando e James Dean e poi la trasformazione, il cosiddetto New Cinema, che era l’autocritica americana, portatrice di nuovi contenuti, per una società ormai cambiata. Esemplari registi di questo cambiamento sono Scorsese o Kubrick. Il cinema diventa una cosa nuova, ancora più vera. Uno specchio. Nessuno ne era escluso. un’arte che fino a qualche decennio prima non esisteva, si è imposta come bisogno alle volte di prima necessità. Talmente reale da essere diventato naturale. Il cinema che entrava nelle case tramite la televisione, fino a diventare inosservato. Quel cinema che ancora produce capolavori, ma sempre nel suo essere arte viva, dunque con sbiadita aura come avrebbe potuto intenderla il filosofo Walter Benjamin.

Il cinema fino a Spielberg, è un’industria che studia il modo più ottimale per individuare e talvolta influenzare le emozioni delle masse. Mi viene in mente Spielberg. Ad esempio per la generazione dei bambini nati tra gli anni 70 e 80 è difficile che non sappiano chi fosse  E.T., o non abbiano visto mai anche solo in fotografia i personaggi di Star Wars, abitanti una nuova cosmologia di cui George Lucas è il demiurgo.

Già, dimenticavamo Disney. Ma in fondo pensando a lui è come se trovassimo un trampolino per andare verso la contemporaneità. Perché il cinema di animazione e quello realistico oggi vanno sempre più confondendosi. Se il cinema nasceva con l’interesse di rappresentare la realtà, dopo un novecento di filosofie e fenomenologie varie, nel nuovo millennio sembra che il cinema abbracci di nuovo la sua antenata pittura. Si sa che i consigli della nonna servono solo, però, a muoversi nella propria gioventù. Infatti il consiglio pare essere quello di capire che il realismo vero non può mai esserci del tutto senza l’abbandono ai sogni del digitale, il 3d, gli effetti speciali etc. Questo è quel che ci chiede il presente. E anche se noi ci chiudiamo a casa a guardare Ladri di biciclette, sappiamo benissimo che quei bisogni odierni prima o poi ci chiederanno il conto, e noi dovremo ricordarci di acquistare i pop corn all’entrata quando torneremo ad assembrarci nelle sale cinematografiche.


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