“Il Cattivo Poeta”: il film che racconta gli ultimi anni di vita del grande letterario del Vittoriale

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Con la testa rasata e giacca bianca, Sergio Castellitto consegna al cinema italiano il suo Gabriele D’Annunzio: un ritratto del poeta più contorto ed eccentrico della letteratura italiana eseguito in modo crepuscolare, ovvero decantando l’ultimo anno di vita e di ribellione del vate. Se gli si domanda cosa, abbia imparato da D’Annunzio, girando Il cattivo poeta del regista Gianluca Jodice, e cosa dovrà aspettarsi il pubblico, risponde:

“Ho riscoperto innanzitutto un poeta. Incarnato non soltanto nelle sue opere, ma ancor di più nel corpo e nelle gesta che ha compiuto. D’Annunzio è stato poeta, amante, soldato… Ho scoperto uno straordinario innovatore, se pensiamo soltanto all’incredibile impresa di Fiume, alle sfide politiche e sociali che quella esperienza lanciò“.

Il cattivo poeta è stato girato quasi interamente all’interno della dimora di Gabriele D’Annunzio, il Vittoriale di Brescia, Nespi ed anche Roma dove il grande poeta, morirà il primo marzo del 1938 a 74 anni, mentre sta trascorrendo l’ultima parte  della sua vita, in una sorta di auto esilio.

“L’età, la malattia e i vizi lo hanno portato a una depressione finale. E il rapporto della giovane spia mandata da Mussolini gli procura l’ultimo sussulto di vitalità e lo spinge a desiderare di contare ancora qualcosa”.

Il regista si concentra sul dualismo continuo che ha fatto da sfondo alla vita del “Cattivo Poeta” ovvero quel D’Annunzio-Mussolini che tanto si racconta. Il film tratta anche dell’isolamento nell’eclettica dimora, fino ad arrivare agli intrighi politici e sul rapporto tra il Duce e il Vate, il condottiero “indiscusso” di una nazione (ma solo a detta sua) e il poeta sempre più vecchio e stanco e in disparte, protagonisti da vent’anni di una cordiale non amicizia. Nel film si susseguono infinite, sottili scaramucce tra i due protagonisti perché D’Annunzio fascista non lo è stato mai per davvero, anche se la storia ci insegna altro. Come avrebbe potuto d’altronde il suo slancio liberale e anticonformista affiancare lo spirito da piccolo ignorante borghese, violento, brutale e clericale del fascismo? E tutto ciò, al Duce non è indifferente come è pienamente consapevole che l’altro ha un seguito enorme, è intoccabile per il suo essere poeta internazionale, intellettuale europeo ed eroe di guerra. Per questo motivo qualunque parola di D’Annunzio, pronunziata o scritta su carta, può prima, dopo e per sempre, far tremare il regime.

Sarà davvero interessante capire quali reazioni susciterà il film sul pubblico e sul mondo “altamente liberale” di questo ultimo periodo. Soprattutto sarò davvero stimolante comprendere in quale modo si inserirà nel dibattito mediatico questo lungometraggio su una certa nostalgia del fascismo (patologica) e sull’antifascismo. Castellitto sentenzia in un intervista con questa parole: “Non si torna a parlare oggi di fascismo e antifascismo, la verità è che non si è mai smesso di farlo. Qualsiasi sfida o conflitto politico in questo paese viene ricondotto quasi in automatismo a quella contrapposizione. Credo che le cose siano davvero più complesse. Il film racconta degli ultimi anni di D’Annunzio, nella sua ragionata e poco conosciuta dissidenza al regime. Ma in democrazia la censura trova altri modi per agire e la dissidenza è privata della sua epica sotto la coltre del conformismo. La dissidenza oggi non si compie attraverso l’antifascismo, come d’altronde aveva già profetizzato Pasolini molti anni fa”.

Insomma, un film che parla anche di temi attuali, e che ci aiuta a capire, il presente e forse migliorare il futuro, attraverso uno sguardo a trecentosessanta gradi verso una figura “storica” e letteraria che ha saputo fare la differenza.


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