Conosciuto ai piu' come l'Ultima Cena, il Cenacolo vinciano è una delle opere più conosciute nel mondo del grande Leonardo.

L’Ultima Cena, secondo Leonardo

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Per la rubrica Arte, oggi vi parlo di uno dei dipinti più famosi in Italia – e nel mondo. Il Cenacolo, opera conosciuta ai più come Ultima Cena, è infatti uno dei lavori di Leonardo da Vinci più noto al pubblico.

Commissionato da Ludovico il Moro e realizzato tra il 1494 e il 1498, il capolavoro vinciano è custodito nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano. Scommetto che, a questo punto, vi starete chiedendo come mai un dipinto di inestimabile valore, simbolo di un’epoca fiorente per l’arte italiana, non sia conservato ed esposto in un museo, come ad esempio la sua ‘collega’ Gioconda. Il motivo è presto detto: il Cenacolo non è un olio o una tempera su tela, bensì è stato ottenuto tramite una tecnica mista a secco su intonaco. Il dipinto – dalle notevoli dimensioni di 460×880 cm – è, quindi, parte integrante dell’edificio, e sarebbe decisamente difficile trasportare un’intera parete all’interno di un museo, non trovate?

La tecnica usata dal Maestro, per quanto innovativa fosse all’epoca, nel corso del tempo ha creato non pochi problemi al capolavoro. Non essendo il refettorio un ambiente protetto, il grado di umidità ha progressivamente rovinato le figure e i colori, rendendo necessarie nel tempo diverse operazioni di restauro. L’ultima fu una delle più lunghe, faticose e, non da meno, costose della storia. Pensate, infatti, che durò ben dal 1978 al 1999.

Lo stesso Leonardo capì di aver commesso un errore nella scelta della tecnica pittorica nell’esatto momento in cui terminò la sua opera: guardando in basso a sinistra, infatti, il Maestro aveva già notato il formarsi di una piccola crepa. Già nel 1566, solamente una settantina di anni dopo la sua realizzazione, il Vasari utilizza queste parole per descrivere l’Ultima Cena:

Non si scorge più se non una macchia abbagliata.

Oltre all’ubicazione sul versante nord del refettorio, che già sappiamo essere il punto di un edificio più soggetto a formazione di condensa, la stessa parete era anche confinante con le cucine del convento. I frequenti sbalzi di temperatura, i fumi provenienti dalle varie cotture e l’umidità generale dell’ambiente, fecero sì che in poco tempo l’intonaco si scrostasse letteralmente dal muro. Molti furono i tentativi di “fissaggio” dei colori – così da evitare che le particelle si staccassero – e, talvolta, furono eseguite addirittura delle ridipinture. Tuttavia, come potete immaginare, anche con la più buona delle volontà un restauratore non sarà mai in grado di riportare un dipinto al suo stato originario, a maggior ragione se stiamo parlando di opere del grande Leonardo. E proprio a questo proposito, vi lascio le parole di Kenneth Clark, studioso dell’arte di origini britanniche, che ci racconta come, ciò che oggi vedono i nostri occhi, non è proprio ciò che voleva trasmetterci il Maestro:

Pietro, con la fronte bassa da criminale, è una delle figure che disturbano di più nell’intera composizione; ma le copie mostrano che la sua testa era in origine piegata indietro e vista di scorcio. Il restauratore non è stato capace di seguire questo difficile brano di disegno e così ne è uscita una deformità. Lo stesso insuccesso si verifica quando si tratta di avere a che fare con pose non comuni come quelle delle teste di Giuda e di Andrea. Le copie mostrano che Giuda era prima in profìl perdu, un fatto confermato dal disegno di Leonardo a Windsor. Il restauratore l’ha rigirato, collocandolo in netto profilo e pregiudicandone così l’effetto sinistro. Andrea era quasi di profilo; il restauratore l’ha portato a una veduta convenzionale di tre quarti. E inoltre ha trasformato il dignitoso vecchio in un tipo spaventoso di ipocrisia scimmiesca. La testa di Giacomo Minore è interamente opera del restauratore, che con essa dà la misura della propria inettitudine.

– Studi sul Cenacolo, 1983

Parole poco lusinghiere a parte, per fortuna le numerose copie che all’epoca furono riprodotte vista la fama che da subito contraddistinse l’opera – copie sia fedeli alle dimensioni originali, sia riportate su supporti più leggeri quali ad esempio disegni – ci ricordano com’era il Cenacolo prima dei vari interventi subiti.

La tecnica e i soggetti

Ora, direi di passare a esaminare un po’ più da vicino gli aspetti tecnici della rappresentazione dell’Ultima Cena più famosa al mondo. Come detto in apertura all’articolo, Leonardo non utilizzò la tecnica standard dell’affresco, tipica di quando si dipinge avendo per tela una parete. Al contrario, decise di trattare il muro come se fosse una tela: dopo aver apposto uno strato grezzo di intonaco e aver tracciato le linee guida del disegno (in gergo sinopia, specie di disegno preparatorio), procedette nei lavori come fosse una pittura su tavola.

La scena ritratta è ripresa dal Vangelo di Giovanni (versetti 13:21), quando il Cristo annuncia ai suoi discepoli di essere consapevole che uno di loro lo avrebbe molto presto tradito. Nonostante sia una iconografia molto diffusa, Leonardo cercò di innovarla andando a scavare nell’intimo dei personaggi, volendo trasmettere a quello che sarebbe stato il suo pubblico i “moti dell’animo” degli apostoli.

Dal punto di vista dello spazio, Leonardo si è dimostrato ancora una volta un grande Maestro: utilizzando accuratamente la prospettiva – cosa non facile se pensiamo che stava lavorando su una parete – riesce a darci l’impressione di essere dentro una stanza, con in primo piano la lunga tavolata e i suoi commensali. Grazie agli elementi architettonici inseriti (quali il soffitto a cassettoni e quei rettangoli raffigurati alle pareti – molto probabilmente arazzi), la sala sembra continuare in profondità e finire soltanto quando incontra un muro dotato di tre finestre, dalle quali filtra la luce.

L’asse centrale dell’opera è ovviamente la figura di Gesù, ritratta leggermente più isolata rispetto ai suoi discepoli e visibilmente inserita in una forma piramidale. Come vedete, ogni particolare della composizione è curato nei minimi dettagli affinché tutto l’insieme risulti equilibrato e ordinato.

Lo stesso equilibrio lo riscontriamo nelle raffigurazioni degli apostoli: nonostante siano divisi a gruppi di tre, la loro disposizione fa sì che risultino simmetrici e diano l’impressione di creare un’onda che si propaga a partire dalla figura centrale di Cristo.

Purtroppo, io personalmente non sono mai riuscita ad andare a vedere quest’opera meravigliosa dal vivo, e voi? È questa la vostra opera preferita di Leonardo, o ne avete un’altra? Ditecelo nei commenti, così magari la prossima volta trattiamo quella più “gettonata”!


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