Gli animali nell’arte, dal Rinascimento a Ceruti

Gli animali nell’arte, dal Rinascimento a Ceruti

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Durante i primi sei mesi del 2019 si è svolta nel Palazzo Martinengo, a Brescia, una mostra unica nel suo genere, avente come oggetto Gli animali nella pittura rinascimentale e barocca in Italia.

L’evento ha avuto una grande risonanza, in quanto ha portato alla realizzazione di qualcosa di inedito in ambito internazionale, che non si riduceva alla mera rappresentazione pittorica di animali. Per la prima volta nella storia dell’arte europea sono state riunite circa cento opere provenienti da ogni museo, pinacoteca e collezione privata presente sul territorio continentale. Il risultato è stata la creazione di un vero e proprio “zoo artistico” che ha permesso di comprendere a fondo  il ruolo che gli animali hanno avuto nell’arte tra il XVI e il XVIII secolo.

Una funzione ben più dignitosa che di semplice appendice a gesta compiute da uomini o esseri soprannaturali hanno avuto gli animali nelle opere degli artisti più eccelsi, alimentando un modus operandi che ha tracce in epoche di certo più remote rispetto a quelle del Rinascimento e dell’Illuminismo, dove la rappresentazione figurativa delle “fiere” e degli animali più mansueti ha conosciuto il suo periodo più prolifico. Nella letteratura classica greco-romana fanno da padroni esempi emblematici della presenza ferina che, forse troppo spesso, è passata inosservata ai nostri occhi: la maga Circe e i suoi poteri trasmutativi esercitati sui compagni di Odisseo; Orfeo, che con la sua abilità nell’uso della lira seduceva lo spirito degli animali e la natura; o ancora le storie di Diana cacciatrice accompagnata dal suo fedele cane e il ratto di Europa da parte di Zeus trasformato in un toro. Nella tradizione cristiana, la figura primordiale degli animali emerge con l’Arca di Noè, assumendo in seguito una percezione campestre e familiare con la loro presenza accanto ai santi più venerati. Troviamo infatti l’agnello accanto a San Giovanni Battista, il leone insieme a San Girolamo San Giorgio che, in groppa al suo cavallo, sconfigge il drago.  

Il Rinascimento

È con i grandi maestri del Rinascimento e delle epoche successive che tutte queste immagini inizieranno a prendere forma attraverso dipinti che diventeranno celebri nel corso dei secoli. Raffaello, Caravaggio, Guercino, Tiepolo, Ceruti e molti altri troveranno una forte ispirazione dal passato, così come dalla vita quotidiana a loro contemporanea. Arduo non trovare significati profondi ed educativi nella presenza degli animali in queste opere, ora da soli ora come fedeli compagni dell’uomo o dei santi, o ancora come strumenti degli dèi per il raggiungimento di un fine prestabilito. Ed è altrettanto lapalissiano che la loro funzione polisemica muti a seconda delle epoche. Se nelle opere classiche le fiere erano utilizzate come il risultato ultimo di una metamorfosi causata da una punizione divina o come il tentativo per proteggere una persona amata dalla violenza altrui o dalle civetterie di un dio capriccioso, nella tradizione cristiana assumono un ruolo più indipendente, ognuno con il proprio significato simbolico, egualmente interconnesso con la divinità. Tra le varie religioni vi è senza dubbio un curioso – e forse a volte inspiegabile – legame nell’elemento sacrificale, tuttavia non si direbbero arcane verità, ma piuttosto facili ovvietà, se si affermasse che gli animali vengono indicati con una certa importanza simbolica nelle sacre scritture e nelle opere degli apostoli. Il serpente, per esempio, che tenta Adamo ed Eva: “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.” (Genesi 3,1), o anche il bue e l’asino, che si trovano accanto al neonato Gesù per riscaldarlo fin dai suoi primi vagiti, dando vita anche alla dicotomia tra animali “buoni” e animali “cattivi”. Anche in questo caso vi è una forte relazione tra l’uomo e il “Creato”, ma assume una valenza diversa: amare e rispettare tutto il Creato per dimostrare amore e rispetto nei confronti di Dio. Forse per la prima volta gli animali vengono considerati come un importante strumento affinché venga compreso il disegno del Padre Eterno (Come affermava San Francesco, “è solo amando la Creazione e tutte le creature che la compongono, che dimostriamo realmente il nostro amore per Dio”), un elemento che per i panteisti, i non credenti e per tutti coloro dediti ad altre religioni è stato spostato su altre entità o fenomeni, ma il risultato è pressoché lo stesso.

Ebbene, tutti questi principi hanno influenzato lo spirito dei grandi artisti vissuti tra il ‘500 e il ‘700, che non hanno mancato di insinuare nei loro dipinti emblematici messaggi attraverso il loro talento. Oltre a quelli già citati, non si possono di certo dimenticare: Bachiacca, Campi, Cavalier d’Arpino, Duranti, Fiasella, Giordano, Grechetto, Guercino, Liberi, Lippi, Longhi. Al giorno d’oggi gli animali hanno assunto un ruolo indubbiamente preminente, entrando sempre più nella vita degli esseri umani e acquistando sempre maggiore importanza affettiva, oltre che a essere spesso un efficace antidoto avverso alcune malattie e paure, una delle quali forse la più temibile: la solitudine, quella vera.


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